Come i soldati svedesi trovarono il proprio quartier generale nella zona delle Jackob’s Barrcak, così i mercanti russi lo stabilirono in quello che oggi viene identificato come il sobborgo di Mosca, meglio conosciuta con il nome di Maskavas FǑrstate.
Rappresentante della storia sospesa in un equilibrio instabile, diviso tra due popoli, due regimi e due diverse bandiere scomodo testimone oculare involontario dell’occupazione (anche) delle truppe agli ordini del Fuhrer.
Tutto in nome della par condicio.
” Believe me when I say to you
I hope the Russians love their children too
We share the same biology
Regardless of ideology
What might save us, me and you
Is if the Russians love their children too “
Maskavas FǑrstate: l’altra Riga; un angolo di Russia senza andare in Russia, un pezzo di Russia ancora dentro l‘Europa avvolto nel rimbombante silenzio dipinto con i colori dei vecchi fabbricati di mattoni rossi e i segni del tempo trascorso.
Evidente sulle vecchie facciate di case di legno mentre tutto attorno appare inesorabile come un fermo immagine con la bandiera falce e martello sventolante in terra lettone.
Durante gli ultimi viaggi alla scoperta delle capitali un tempo sotto il controllo dell’ex URSS l’attenzione si è spostata dalle bellezze architettoniche (e non sono poche), alle storie celate tra i luoghi definiti, per la valenza di “memoria storica” , imperdibili.
Simulacri (un tempo) ideologici, relegati ai margini di periferia oggi, lontani dal dorato luccichio cittadino e abbandonati (quasi completamente) a se stessi.
Atomi diversi dello stesso elemento, identità della non identità suscitano, nel visitatore, sentimento di desolata inquietudine grazie alle memorie custodite nel segreto scrigno dell’ imperitura memoria.
Consigliamo di visitare il quartiere di Maskavas FǑrstate partecipando ad una visita guidata gratuite – only in english – messe a disposizione da Riga Free Tour (ci sono altre associazioni che offrono lo stesso servizio).
Nonostante non sia pericoloso addentrarsi da soli, rende meglio l’idea di quanto si visiti.
Maskavas FǑrstate: cosa vedere
Mercato centrale (Rigas Centraltirgus)
Il sobborgo di Maskavas Forstate inizia non appena superato il ponte della ferrovia, mentre il tour guidato parte dal punto più vivace della zona: il mercato centrale, in lettone Rigas Centraltirgus.
Terminata la Prima Guerra Mondiale gli stessi hangar, oggi sede del mercato centrale coperto, hanno dato ricovero ai dirigibili Zeppelin abbandonati dalle forze aeree tedesche.
Composto di cinque capannoni, ognuno dedicato ad un settore merceologico specifico, comprende una zona dove poter mangiare un pasto frugale accompagnato da un sorso della ….., una delle birre locali.
La vecchia sinagoga
Sto cercadno di chiudere questo post mentre ricorre il Giorno della Memoria; per ricordare e, soprattutto, non dimenticare quanto il limite umano possa cadere (e sia mai caduto) così in basso.
Talmente basso che, nonostante le voci su quanto accadeva (non solo ad Auschwitz) in gran parte dell’Europa iniziassero a circolare, si stentava credere essere realtà fosse accaduto quanto venuto a galla durante il “Processo di Norimberga”.
Riga, e con lei la Lettonia, non potevano di certo “mancare” annoverarsi tra i paesi testimoni della messa in atto la propagandata “Soluzione Finale”.
Parte di Maskavas Forstate, il sobborgo moscovita, ha vissuto la furia devastatrice nazista sulla propria pelle venendo trasformato in ghetto ebraico.
Del periodo buio rimangono solo i ricordi nei racconti di chi è stato direttamente testimone e il ricordo di quella che fu la più grande Sinagoga lettone, andata completamente in fiamme nel 1941.
Oltrepassato l’ingresso su cui campeggia la stella di David, a memoria di quanto fu considerato tra i più belli e più importanti simboli religiosi ebraici non rimangono altro che le vecchia fondamenta.
Sullo sfondo bianchi pilastri per ricordare chi, tra la popolazione locale, abbia cercato di venire in aiuto ai numerosi ebrei ospitati nel ghetto..
Accadenia delle Scienze (Stalin Cake)
” …Ninna nanna mamma
insalata non ce n’è;
sette le scodelle sulla tavola del re.
Ninna nanna mamma
ce n’è una anche per te
dentro cosa c’è
solo un chicco di caffè.. “
Ttradizione vuole ogni capo di Stato lasci ai posteri segno tangibile, non solo del proprio operato, bensì anche dell’iconografia al riguardo al proprio ego. Più o meno smisurato.
Ego, spesso quando non sempre, inversamente proporzionale alla loro attitudine, in termini politically correct, democratica.
Lo smisurato senso del superIo incarnato in Stalin non era certo di aiuto per mettere la parola fine alla, alquanto, bizzarra tradizione.
Quantomeno era persona dotata di grande senso dell’ironia ripensando ai vezzeggiativi con i quali amava identificare l’eredità lasciata in “gentile dono” alla nazione che ha saputo far sentire a proprio agio Baffone ricambiandolo con altrettanta “gradita ospitalità”.
Sette scodelle non furono quelle regalate da Stalin per sdebitarsi nei confronti dei padroni di casa ma opere architettoniche simili tra loro.
A Mosca la sede odierna dell’ Università statale; delle restanti ne possiamo trovare copia anche a Praga, Kiev, Sofia.
Mentre a Varsavia rinveniamo il “dono dell’amicizia”, la “Casa della libera stampa” a Bucarest e “Stalin Cake” (o torta di compleanno di Stalin) a Riga, oggi sede dell’Accademia lettone delle Scienze.
Spikeri
Abbandonata la dimensione rock e tridimensionale di ogni mercato che si rispetti ci ritroviamo, come catapultati dal teletrasporto, in quella decisamente più slow e unidimensionale.
Pochi passi sono sufficienti, lasciato il mercato alle spalle, per entrare nel cuore del sobborgo moscovita di Maskavas Forstate.
Il pantarei della fiumana umana accompagnato dal sottofondo del vociare dei venditori lascia prepotentemente posto al lento incedere dei nostri soli passi lungo Maskavas Iela (Via Mosca, la direttrice che conduce sulla strada per Mosca).
Case di legno e magazzini in mattone rosso sono avvolti dal silenzio surreale dentro il quale ci troviamo, interrotto dallo spirare delle folate di vento gelide come solo l’inverno russo sulla Piazza Rossa ti sa regalare e magistralmente descritta in “Prospettiva Nevsky” di Battiato.
Qualche timido raggio di sole è sufficiente a scaldare i volti mentre le (poche) macchine incrociate appaiono lente e silenziose in simbiosi con il contesto circostante.
Benvenuti a Spikeri, il vechio “distretto dei magazzini” adibiti al carico-scarico delle merci; in origine la loro primaria funzione era come capanni dei barcaioli e contadini, trasformati poi, con l’avvento del commercio di legname, nella prima edificazione residenziale.
Assieme all’avvento ed allo sviluppo del commercio navale si assiste alla conversione dell’area sotto il comun denominatore di una specifica linea architettonica: lontano dalla città e l’utilizzo del solo legno come materiale da costruzione.
Spikeri sembra stia riappropriandosi della propria vita e identità, riqualificandosi come centro culturale ospitante nei vecchi capannoni mostre e concerti anche se durante il tour guidato ha dato l’impressione di avere l’anima del quartiere fantasma.
Animato dai piccoli negozi propinano paccottaglia e chincaglieria; la stessa esibita in bella mostra nei vecchi mercatini delle pulci quando, nel week end, sembra si tornare a pulsare il malandato cuore di Spikeri.
Chiesa luterana del Gesù
Chiunque sia stato non si può di certo affermare abbia brillato, se non per iniziativa (come le comari in Bocca di Rosa di F. de Andre’), almeno in fantasia.
Semplice il nome quanto appare la piccola chiesa dall’esterno, nonostante rimanga la più grande ed una delle più antiche edificate in legno tutt’ora in piedi.
Considerata la mancanza di orari ufficiali di apertura e chiusura, risulta essere impresa ardua riuscire a visitarne gli interni.
Eccezion fatta non ci si trovi nei dintorni mentre astri, e il famoso Fattore K, abbiano trovato il perfetto allineamento.
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