- Bari in bici e lo street-food
- Alla scoperta di Bari – Mappa percorso
- Piazza Ferrarese, Piazza Mercantile e la muraglia
- San Nicola, San Sabino e San Marco dei Veneziani
- Succorpo
- Bari e lo street-food: Largo Albicocca, le scagliozze e il castello Svevo
- Via delle orecchiette
- Orecchiette
- Via Sparano e il Teatro Petruzzelli
- Miglio dei teatri
- Lungomare e Teatro Margherita
- N'derr'a la lanze
Tra una battuta ed un aneddoto raccontato con simpatia da Paco, guida di Veloservice, siamo andati alla scoperta di Bari, dei suoi angoli più iconici (pare che a queste latitudini il termine sia come un capo griffato…alla moda) e delle tradizioni dello street food. Naturalmente in sella a due ruote.
Bari in bici e lo street-food
State programmando un viaggio itinerante (leggi il post su cosa vedere oltre il Salento) in Puglia e siete indecisi se visitare o meno Bari? Prima di riprendere l’aereo per fare ritorno a casa potreste dedicare un paio di giorni alla scoperta della città delle orecchiette.
Nonostante la fama che si porta dietro oggi, grazie ad un opera di restyling, è diventata una tra le 10 destinazioni in Europa che secondo Lonely Planet nel 2019 meritavano di essere visitate.
Non importa con quale mezzo (qui il post su come spostarsi) abbiate deciso di muovervi per visitarla; essere accompagnati da una persona del posto o da una guida turistica vi permetterà di conoscere meglio il carattere della città. Accompagnato da un assaggio dello street-food tipico.
Alla scoperta di Bari – Mappa percorso
Piazza Ferrarese, Piazza Mercantile e la muraglia
Commercianti provenienti dalla città dei duca d’Este e truppe di Serenissimi mercanti a liberare la città dai saraceni; ma anche il primo incontro tra Francesco di Borbone e Maria Sofia Amalia, prossima coppia sovrana in terra pugliese.
La prima parte del nostro itinerario, che si snoda tra piazza del Ferrarese e la Muraglia, è stata il palcoscenico preferito dove poter mettere in scena gli avvenimenti più significativi del capoluogo pugliese o, come nel caso di un certo Stefano Fabbri o Fabbro detto il Ferrarese, essere attori protagonisti in prima persona per l’assetto architettonico cittadino.
Dove un tempo saraceni e veneziani incrociarono le armi per il controllo strategico nell’Adriatico, oggi i giovani incrociano gli sguardi per dare inizio alla movida serale.
“La vì, la vì” (la vedi la vedi) sembra abbia urlato il popolo in segno di giubilo non appena avvistato l’arrivo delle navi della Serenissima. Nel tempo, precisamente sino al 1968 quella ricorrenza si è trasformata in festa cittadina il cui inizio era segnato da un colpo di cannone al saluto di Vidua Vidue della gente assiepata lungo la Muraglia.
Non ha ambizioni di essere inserita tra le nuove meravigie del mondo moderno ma è punto di riferimento per chi voglia ringraziare, in un abbraccio virtuale, la città per quanto di meglio abbia da offrire.
Alla Muraglia ci si arriva percorrendo via Venezia dopo aver superato il mercato del pesce; percorrendola quando non è invasa dal tintinnio tra bottiglie di Peroni per il cin-cin dei giovani baresi è possibile gettare lo sguardo verso palazzi nobiliari che si snodano lungo la via.
Oppure sui balconi, gli stessi da cui si affacciavano in preghiera le mogli dei pescatori, ancora oggi vestiti a festa dopo aver partecipato al concorso “Bari vecchia in fiore”.
Gettando lo sguardo lontano inizia a intravedersi lo svettare del campanile della Basilica di San Nicola, prossima tappa. Prima concediamoci uno spuntino al Panificio Fiore.
Panificio Fiore e la focaccia pugliese
Peccato che Bari non sia più rappresentata ai massimi livelli nello sport che conta. Dopo il derby della lanterna (Genova), il derby della Mole (Torino), il derby dell’Appennino, quello emiliano e d’Italia si sarebbe potuto assistere al derby della focaccia.
Tra le due massime rappresentazioni, dopo la pizza, di uno dei prodotti da forno più semplici: la focaccia genovese e la focaccia barese. Per fortuna ci ha pensato FICO Eataly World a mettere in scena il derby e decretarne vincitore la versione barese creata da Tony Fiore dell’omonimo panificio a due passi da San Nicola.
La focaccia per i baresi è “oggetto” di culto tale da essere venerata tanto quanto San Nicola patrono della città una volta che le sue spoglie arrivarono in città provenienti da Myra.
Un prodotto da meritare tutta questa attenzione non poteva che nascere (lievitare sarebbe la parola più opportuna) in un luogo oggi sconsacrato ma un tempo tempio religioso.
Tra icone bizantine e santini non solo i baresi si recano giornalmente in pellegrinaggio per degustare oltre la punta di diamante anche gli altri prodotti del forno.
San Nicola, San Sabino e San Marco dei Veneziani
Fosse una cucina meriterebbe il titolo e la fascia della più amata dagli italiani; essendo un santo, oltre che patrono di Bari è tanto altro.
Un icona pugliese, come i taralli e la focaccia; il protettore di marinai, pescatori, farmacisti, profumieri, bottai, bambini, ragazze da marito, scolari, avvocati, prostitute, nonché delle vittime di errori giudiziari. Volendo, l’ispiratore della leggenda di Babbo Natale prima che la sua figura fosse abbinata alla Coca-Cola.
Andando sul religioso, campo nel quale si trova più a suo agio, il trade d’union tra l’oriente e l’occidente, tra la chiesa ortodossa e quella cattolica.
Forse, proprio per questo, è uno tra i santi più seguiti in tutto il mondo e le sue spoglie riposano nella cripta all’interno della basilica a lui dedicata, dopo aver “vinto” il ballottaggio con San Sabino, il precedente patrono.
Facciamo un tuffo tra le stradine del centro storico di Bari e dalla basilica percorriamo la quint’essenza dell’anima barese (e pugliese): colori, sapori e l’animato chiacchiericcio della gente seduta ai tavolini dei bar o impegnati in trattive per l’acquisto di souvenir si diffondono lungo strada delle Crociate.
Uno dei pochi cartelli segnaletici ad indicare i monumenti principali ci avvisa che siamo in prossimità della chiesa di San Marco dei Veneziani, eretta a seguito (ed in onore) della liberazione di Bari ad opera della Serenissima.
Se trovare un cartello che indichi la piccola chiesa è impresa ardua, poterla visitare è quasi impossibile: reperire una benchè minima informazione circa giorni ed orari di apertura (pare sia aperta solo la domenica) saebbe già un successo.
Continuiamo a percorrere il dedalo di stradine che si intersecano nella Bari vecchia lasciandoci guidare dall’istinto visivo o vittime della sindrome del gregge e, attraversando strada del Carmine giungiamo alla cattedrale di San Sabino, circondata su un lato dall’antico battistero (trulla).
Bari e lo street-food: Largo Albicocca, le scagliozze e il castello Svevo
Tanto quanto San Sabino raccoglie un pezzo di storia, non solo ecclesiastica di Bari, tanto il negozio Marnarid offre uno spaccato sulle dolci golosità che fin dal 1865 hanno accompagnato generazioni di baresi. Bambini o adulti che fossero.
Dalle tradizioni dolciarie alle tradizioni portafortuna. Non è vero ma ci credo, meglio attrezzarsi non si sa mai. Italiani popolo di santi, poeti e navigatori; oltre che di scaramantici.
La percentuale aumenta mano a mano ci si sposta da nord a sud, raccontano le statistiche mentre, secondo un recente sondaggio, Bari occupa la terza posizione con il 90%.
Dal cornetto napoletano alla pigna siciliana difficile non trovare nell’italia meridionale un amuleto scaccia iella. A Bari è di casa il pumo, simbolo della rinascita primaverile e con essa della natura, portatrice di prosperità e fecondità,
Coppie di pumi venivano posizionate all’ingresso di case tradizionali e palazzi signorili, alle estremità di balconi, colonne e terrazze, nonché ai lati dei letti matrimoniali di giovani sposi come simbolo di buon augurio.
Il progetto di riqualificazione di Bari (e Bari vecchia in particolare) passa anche per largo Albicocca, ridenominata “piazza degli innamorati” dove coppie di fidanzatini, tra uno sguardo languido e una promessa di amore, stringono in una mano il cono di scagliozze e nell’altra l’immancabile Peroni.
le sacgliozze di carmela
La polenta, senza essere un piatto tradizionale della cucina meridionale in generale, nello street food di Bari ha riscosso negli anni un enorme successo divenendone uno tra gli spuntini preferiti a qualsiaisi ora del giorno.
Polenta tagliata a fette rettangolari tuffate in abbondante olio bollente diventano “le scagliozze” da mangiare passeggiando o tranquillamente seduti in un qualsiasi angolo di Bari vecchia. .
Le origini di questo street-food sono discordanti, tra chi vuole siano antico lascito dei marinai della Serenissima e chi, invece, dalla “regina” di ritorno dal periodo milanese durante il quale è venuta a conoscenza della polenta.
Donna Carmela, qualunque ne sia l’origine, in largo Albicocca rappresenta l’eredità della “Regina delle scagliozze”.
Scene di vita quotidiana in questo angolo rimesso a nuovo, addobbato a festa con luminarie e inaffiatoi Ikea alle pareti delle case, tra calci tirati ad un pallone (non sull’erba di casa mia) da bambini ad imitare i primi passi calcistici di Cassano e le donne ad intrattenere relazioni sociali sull’uscio di casa tra lo sventolio di lenzuola ai balconi.
In contrasto con gli ulivi piantati al centro della piazzetta e gli orti di strada agli angoli quasi nascosto dal pubblico ludibrio si trova la sede del primo tribunale di Bari che la leggenda vuole essere in comuncazione con il castello attraverso un tunnel segreto.
Qualora non fosse stato sufficiente il ricorso del pumo all’ingresso dicasa ci si può sempre affidare al fato o al volere dell’autorità suprema; in base al livello raggiunto dal nostro fedemetro.
Scaramanzia a parte, oltre a San Nicola la fede dei baresi è riposta in un altro must del cibo da passeggio: il gelato. Durante le calde giornate estive oppure godendo della vista sul Castello Svevo seduti ad un tavolino della storica “Gelateria Gentile 1880”.
Circumnavighiamo il perimetro dell’antica fortezza posta a difesa della città di Bari in sella alla nostra fidata bicicletta per addentrarci, attraverso Arco Basso, nelle viscere della storia e delle tradizioni baresi.
Via delle orecchiette
Un ultimo respiro di aria da nobile decaduta pervade i polmoni visivi non appena ci lasciamo alle spalle U’castidde, affettuoso nomignolo con il quale i baresi chiamano il Castello Svevo, per calarci in quella che era reputata la zona malfamata della città: Bari vecchia.
Appena varcata la soglia di Arco Basso si entra in un altra dimensione. Provate a chiedere alla gente del posto di dove sono e non stupitevi se vi sentire rispndere: di Bari Bari. A sottolineare la differenza sociale con chi ha avuto diversa fortuna di nascere (e vivere) nella Bari moderna, comoda e ricca o nella prima periferia.
Il vento è cambiato, non le tradizioni; nemmeno il dialetto stretto che, a orecchie foreste non abituate, appare una lingua straniera (ed indecifrabile) ascoltandola nei discorsi da balcone a balcone mentre passeggi per i loro vicoli rimasti identici nel tempo.
E tra i vicoli che collegano Arco Basso con Arco Alto è un continuo intrecciarsi tra folle di turisti e grandi stenditoi dove riposano chili di orecchiette. Fatte a mano (e quasi ad occhi chiusi) ancora oggi dalle signore cercando di mantenere viva una tradizione persa nei secoli, unica fonte di guadagno dove, tempo addietro, a fette si tagliava non la polenta ma la miseria.
Fermandosi ad osservare, cercandone di carpirne della preparazione i segreti , tra uno stenditoio e l’altro, l’olfatto viene pervaso dall’aroma dei sughi messi a cuocere in pentoloni nelle cucine vista strada dove, con un po di fortuna si può essere invitati a pranzare assieme alla padrona di casa.
Nunzia è una di loro, anzi; è la padrona di casa indiscussa, testimonial dell’anima verace di Bari vecchia esportata sino in America.
Via Sparano e il Teatro Petruzzelli
It’s shopping time; credo la traduzione non si renda necessaria. Basta la parola, come declamava una vecchia réclame dalla fine degli anni ’50.
Volendo staccare la spina dall’aspetto tradizional-storico e dedicare anche solo fugaci sguardi alle vetrine griffate percorrete via Sparano, la via dello shopping barese. Ad attirare gli sguardi non sono solo i marchi dello style-fashion.
Un altro angolo di Bari rimesso a nuovo (non senza polemiche) e “suddiviso” in sette salotti a tema. Ne percorriamo solo una parte per arrivare innanzi al Teatro Petruzzelli, l’ultimo rimasto in attività nel cosiddetto “miglio dei teatri” (qui la mappa) a Bari.
Nato per volere dei fratelli Petruzzelli (di origine triestina) per dare alla città un teatro che fosse alla portata di tutti, ricchi e poveri, avvalendosi di quanto messo a disposizione dall’amministrazione cittadina sul finire dell’800. Un premio di 12.000 lire ed il suolo a titolo gratuito dove poterlo costruire.
Conditio sine qua non voluta dai fratelli triestini: che fosse l’unico in attività.
Calcando il prestigioso palcoscenico si sono esibiti tutti i grandi nomi, dal teatro alla lirica (memorabile il tributo reso al teatro da Alberto Sordi nel film “Polvere di stelle”) fino a quando non venne distrutto in un incendio doloso nel 1991 rimanendo chiuso per ben 18 anni.
Lungomare e Teatro Margherita
Quasi anonimo, qualche imbarcazione ormeggiata di fronte alla storica location dove (quasi) ogni barese oggi attempato ha festeggiato le ricorrenze più importanti e con una vista tutt’altro che impagabile.
Eppure Lungomare Crollalanza, nome impegnativo a pronucniarsi tanto quanto il celebre scioglingua barese (Ce nge na ma scì sciamanìnne, ce non ge na ma scì non ge ne sime scènne! – se dobbiamo andarcene allora muoviamoci, altrimenti rimaniamo qui) è un altro punto di riferimento per i baresi doc. Per intenderci: quelli di Bari Bari.
Veder tramontare il sole sul mare, per quanto anonimo, è uno spettacolo comunque da non perdere. Giungerci alle prime luci dell’alba quando i pescatori tornano dalla loro “battuta” per assistere alla “messa in scena” della N’ dèrr’a la lanze altrettanto.
Provare a chiedere per credere come preferisce mangiare il polpo chi viene da Bari Bari.
Sullo sfondo il Teatro Margherita; curiosa la storia riguardo la sua costruzione. Ricordate il patto tra l’amministrazone comunale ed i fratell Petruzzelli? Nessun altro teatro poteva essere costruito sul suolo, eccezion fatta qualora edificato sul mare.
Furono tirate su “palaffitte” e nel 1910 vide la luce un nuovo teatro a norma di convenzione ma destinato a vita breve toccandogli in sorte la stessa del Petruzzelli qualche decennio più tardi. Oggi ospita la sede del BAC (Bari Arte Contemporanea).
NINO il salumiere
Prosciutti, salumi, mortadella. Ma anche provole, scamorze e caciocavalli appesi sopra il bancone quasi nascondono il sorriso di Gaetano, per tutti Nino il salumiere.
Mezzo secolo, anno più anno meno, di attività sempre a fianco dell’inseparabile moglie a calmare gli appetiti di chi vuole sostanza salvando il portafoglio rimanendo aperto sino a tardi.
Panini preparati su due piedi farciti seguendo i gusti della clientela. “Nino fai tu”, ovvero panino fantasia il suo forte; se volete annoiarlo chiedete di prepararlo con la farcitura Bari-traditional: mortadella e provolone.
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