La prossima tappa del nostro Sicilia orientale on the road ci conduce alla scoperta del volto Noto del barocco siciliano, la perla siciliana per antonomasia.
Accompagnati da Rosanna di Associazione Regionale Guide Sicilia (ARGS), andiamo alla scoperta delle bellezze architettoniche tra curiosità e racconti di tradizioni popolari del “giardino di pietra”.
- Nord Sud Ovest Est
- Storia di una capinera e la ninna nanna della monachella
- A scendere i santi aiutano
- I miracoli della Cattedrale e di San Corrado
- Palazzo Ducezio
- Caffè Costanzo e la sosta golosa
- L'infiorata di Noto
- Palazzo Nicolaci: dal tonno a simbolo della città
- Dal fico d'India alla galleria d'arte: pensieri in libertà
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State programmando un viaggio itinerante in Sicilia e avete ancora dubbi sull’itinerario da programmare?
Se siete arrivati fin qui forse avete già letto il post Sicilia Orientale on the road – cosa vedere in 14 giorni; o più probabilmente siete alla ricerca delle informazioni per andare alla scoperta del volto Noto del barocco siciliano, città gioiello splendente di luce.
Dopo il 1963, annus horribili a causa del terremoto che rase quasi completamente al suolo Netum (l’antica Noto) l’attuale configurazione urbanistica è opera della (ri)costruzione ex novo, valendogli l’appellativo, di top-model architettonica da parte di Lonely Planet.
Oltre ad essere considerata capitale del barocco e all’onore di essere inserita tra i siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità (dal 2002) a cura dell’Unesco.
Non importa con quale mezzo arriviate fino a Porta Reale, ingresso alla città (qui il post su come raggiungere Noto); essere accompagnati da un abitante del posto, o meglio da una guida turistica dell’ Associazione Regionale Guide Sicilia (ARGS), , vi permetterà di conoscere meglio il carattere della città.
Tra curiosità e racconti legati alle tradizioni.
Rosanna Terranova
Guida di ARGSLegata a Noto, luogo del cuore, dove ritrova le sue radici nella parte antica della città facendola (ri)vivere grazie alle nuove tecnologie interattive multimediali.
Per lei un viaggio in Sicilia è un immersione tra sole, mare e cultura in totale relax; trasporti permettendo, cruccio convivente nel paradiso terrestre.
I suoi racconti li ascolterete durante le visite guidate effettuate anche in inglese e francese mentre informazioni pratiche per visitare Noto e dintorni li trovate disponibili all’Info Point dove svolge attività lavorativa
Senza dimenticare una dolce pausa assaporando, per la gioia delle papille gustative, una delle mille prelibatezze tradizionali della pasticceria siciliana, off-limits per chi è perennemente in lotta con i valori emo-glicemici.
Nord Sud Ovest Est
Un reticolato semplice, in netta contrapposizione con il gusto appesantito del barocco, (anche se a Noto appare leggero) fatto di strade intersecate ad angolo retto pavimentate in pietra lavica, (a differenza del ragusano dove si trova la pietra pece di origine bituminosa) è la rappresentazione della viabilità del volto Noto del barocco siciliano.
Viabilità sviluppate da est a ovest, cosi che il sole abbia a risplendere sulle facciate tufacee nell’arco dell’intera giornata, snodata lungo tre assi paralleli, trasposizione grafica della scala sociale dei netini.
L’aristocratica Via Cavour a nord, la popolare Via Ducezio a sud; nel bel mezzo del cammin di nostra vita coloro che gravitavano attorno alle attività religiose in Corso Vittorio Emanuele, il salotto netino, da cui si accede con ingresso (quasi) trionfale dalla Porta Reale.
Incarnandone, di trionfale, solamente l’aspetto estetico essendo stata realizzata per celebrare la visita di Re Ferdinando II di Borbone, dispensatore di privilegi alla borghesia a lui fedele come ricorda la raffigurazione del levriero svettante, assieme alla torre e al pellicano, sulla sommità
Storia di una capinera e la ninna nanna della monachella
Tradizione siciliana voleva, per poter rimanere membro dentro la famiglia, occorresse buona dose di fortuna; quel che si dice “nascere con la camicia”.
Poteva risultare insufficiente essere venuti per primi al mondo se al fato benevolo non fosse associata la conditio sine qua non di possedere attributi maschili.
Agli altri nascituri, indistintamente, la sorte lasciava spalancarsi le porte del convento.
Meglio di clausura, rappresentando l’ipotesi, l’apoteosi risolutiva nel limitare le bocche da sfamare attorno al desco famigliare, pur se di nobile lignaggio.
Ineluttabile la sorte in attesa delle future nasciture tanto che, sin dai primi vagiti le balie erano solite canticchiare, accompagnandole nel dorato mondo di Sir Morphy, una sorta di ninna nanna.
Doveva esserne venuto a conoscenza Franco Zeffirelli, noto regista italiano, che nella tradizione monastica trovò ispirazione per l’adattamento cinematografico di “Storia di una Capinera”, romanzo in parte autobiografico di Giovanni Verga.
Alcune scene del film sono state ambientate nella location del monastero del Santissimo Salvatore, fatto erigere per donna Isabella, tra i più importanti della Sicilia orientale tanto da richiamare a se le educande delle migliori famiglie aristocratiche dai paesini limitrofi.
La basilica omonima presenta ancora gli interni completamente rivestiti da marmo, soppiantato nel corso delle opere di restauro in altre chiese (tra cui la Cattedrale) dal marmorino.
I motivi laici dei decori denotano il gusto aristocratico-elegante, forse per far pesare meno la lontananza dalla famiglia di donna Isabella della Ferla rievocando nella memoria il salone delle feste di palazzo.
La raffinatezza nel gusto estetico era data dalla presenza, in origine, delle pregiate maioliche di Caltagirone per il rivestimento della pavimentazione.
A scendere i santi aiutano
A scendere i santi aiutano, ci dice by the way Rosanna, in risposta al quesito come riescano a sopportare il quotidiano up e down lungo le scalinate di collegamento tra le vie principali del volto Noto del barocco siciliano.
Onestamente, diciamo la sincera verità: ha voluto con un atto di estrema generosità e caritatevole pietà incoraggiarci che tutto è fattibile. Con il supporto della provvidenza divina.
Il divino, inteso come lanciare il my day verso i santi, a Noto non difetta potendo contare, tra parte antica e moderna, la presenza di un centinaio di chiese.
Continuando a percorrere Corso Vittorio Emanuele incontriamo la chiesa dedicata a San Francesco all’Immacolata, in stile barocco.
Meno pomposo, quasi dimesso, ispirata ai precedenti lavori del Bernini e del Borromini, maestri indiscussi dello stile, ma adattata ai gusti della famiglia committente,
Altro esempio di lavorazione secondo i canoni del barocco siciliano è possibile ammirarlo presso il monastero e la chiesa di Santa Chiara, semplice nelle facciate esterne quanto riccamente lavorata nei decori interni ispirati dalla musa Trinità e completamente realizzati in stucco veneziano.
In origine monastero e chiesa formavano un unico complesso; in seguito alla repressione perpetrata nei confronti degli ordini monastici i due edifici vengono “scorporati” cambiando, il monastero, anche destinazione d’uso.
In un passato recente è stato ricreato un piccolo conventino da cui si accede tramite un camminamento lastricato di ceramica di Caltagirone.
E’ stato così anche nel post terremoto del 1848, ci confessa Rosanna, continuando nel racconto storico della Chiesa di Santa Chiara sul perché non risultasse dipinta di bianco e blu come traspare agli occhi del visitatore gettando lo sguardo verso alcuni angoli.
Ancora una volta si rende necessario ricostruire. I tempi erano diversi, molto diversi rispetto ad ora quando speculazione e affari politico-economici camminano a braccetto durante le fasi di (ri)costruzione.
Contestualmente al periodo la popolazione era dedita principalmente a lavori di manovalanza e coloro i quali possedevano specifiche competenze professionali era buona usanza le mettesse a disposizione della collettività per veder rinascere la città, con le dovute limitazioni economiche sorte
Le grandi sovvenzioni provenienti dalle famiglie nobiliari e dal clero stesso stavano avviandosi al capolinea preferendo così imbiancare, senza ripristinare il blu dello stato di fatto originale delle pareti.
Avviandoci verso l’uscita impossibile non essere rapiti dall’illusione ottica creata dal soffitto .
Apparentemente ricoperto da enorme arazzo, in realtà si tratta di struttura lignea dipinta secondo la tradizione della scuola partenopea.
I miracoli della Cattedrale e di San Corrado
Il miracolo compiuto dai santi, nell’aiuto fornito a Noto nell’affrontare le scalinate presenti in ogni dove, diventa nullo paragonato alla storia vissuta dalla Cattedrale e il patrono cittadino San Corrado.
Il popolo siciliano convive da sempre con il sisma quanto la Cattedrale di Noto ai crolli strutturali, per poi rinascere ogni volta sempre più magnificente.
Almeno così appare osservandola esternamente mentre il suo interno, privo di decorazioni, splende di bianco candore così come appariva fino ai primi anni ’50.
Il volto Noto del barocco siciliano nonostante rappresenti il vanto nel mondo, dopo l’ultima ricostruzione (avvenuta in seguito al crollo del 1996) e conseguente restauro delle parti lesionate, era fallace nell’intento di suscitare mugolii di estasi artistico-architettonica tra i netini.
Iniziando dal materiale utilizzato; non più diaspro di Custonaci bensì la pietra proveniente dalle città di Modica o Comiso, a rievocare una singolar tenzone mai sopiti tra cittadini campanilismi.
Dedicata a San Nicolò di Mira, patrono della città di Bari, qui ospita le spoglie di San Corrado, emigrato” dalla sua terra natale quando ancora in vita e fulminato, sulla via del pellegrinaggio per la Terra Santa, dalla città di Noto unendosi ad altri eremiti penitenti dove vivere la rimanente vita terrena.
Nella città netina, San Corrado visse perennemente, come un funambolo sulla corda, in equilibrio tra l’eremita solitudine e la devozione a lui tributata dalla popolazione locale; diviso tra peccati di gola e miracoli compiuti nel segno della preghiera.
Ogni evento, nell’antica Grecia era espressione di volontà divina come gli ultimi attimi in vita del santo.
Alla Santa Provvidenza viene, infatti, attribuito il “miracolo” di veder deposte le armi (tra le fazioni di Avola e Noto) senza dover ricorrere alla conta di morti e feriti rimasti sul campo di battaglia a contendersi le spoglie di San Corrado.
Al santo Noto dedica una tra le più belle feste siciliane, con tradizionale processione sia il 19 febbraio che l’ultima domenica di agosto, accompagnata dai portatori di cili e i fedeli che, scegliendo di fare il voto, compiono il “viaggio scauso” (a piedi scalzi) dalla loro città sino al centro storico.
Uscendo dal portone principale le statue di Igor Mitoraj ci accompagnano, percorrendo i gradini della scalinata a quattro rampe, alla maestosa ed imponente vista, nella sua interezza, di Palazzo Ducezio sede del comune.
Palazzo Ducezio
Ispirato agli eleganti palazzi francesi, la sede del municipio netino è dedicata a Ducezio, re dei siculi e condottiero designato alla guida delle truppe insediate attorno al monte Alveria (dando luogo alla nascita di quella che oggi è Noto Antica) per arrestare l’avanzata greca.
Dell’evento storico si trova traccia negli affreschi della volta nella “Sala degli Specchi”, salone di rappresentanza per le visite ufficiali di capi di Stato e delegazioni di rango
Caffè Costanzo e la sosta golosa
Anche se i santi aiutano rimanendo affascinati innanzi alle facciate del “giardino di pietra”, (altro appellativo della città netina per essere costruita con la locale pietra calcarea) quando iniziano, baciate da sole che su esse si riflette, a tingersi di color oro una pausa golosa al Caffè Costanzo, uno dei caffè storici di Noto, è d’obbligo.
Per quanto della granita ne abbiamo apprezzato la ritualità del morning breakfast, tanto nella versione classica col tuppo quanto nella versione smart come spuntino pomeridiano, il palato iniziava a dare segnali di assueffamento e crisi di rigetto.
Consigliati dalla nostra inesauribile Rosanna cambiamo rotta dirigendo il palato verso altra classica tradizione siciliana per fornire fresco beneficio durante le giornate di calura: the freddo con aggiunta di granita al limone.
L’infiorata di Noto
L’itinerario tra le bellezze architettoniche del “giardino di pietra” volge al termine. Risaliamo lungo Via Nicolaci, ricorrendo realmente all’aiuto dei santi.
Stesso percorso ogni terza domenica di maggio vede la città protagonista, oltre alla processione per San Corrado, di altra festa all’insegna del baroque-tradition: l’infiorata.
Per quattro giorni lo sguardo immobile di barocchi ghirigori sotto mentite spoglie di leoni, sfingi e sirene poste a protezione degli opulenti balconi aristocratici, diversamente non può altro che dirigersi lungo Via Nicolaci per ammirare il tappeto floreale creato dall’ingegno artistico di autori e infioratori.
Altrettanto non possono che rimanere a bocca aperta netini e turisti, richiamati dall’evento, dallo stupore di assistere dal vivo (nella giornata di venerdì) non appena il calar del sole tinge di giallo ocra la pietra degli edifici, alla realizzazione delle opere floreali, di anno in anno, dedicate ad un tema ad hoc, per mano degli artisti, .
Nella ricorrenza del 700° anniversario dalla morte, l’edizione 2021 vuole rendere omaggio a Dante, sommo poeta, dedicando i 16 quadri alla rappresentazione figurativa dell’inferno, purgatorio e paradiso; i tre canti della Divina Commedia.
Tradizione vuole il quadro di apertura raffigurante lo stemma cittadino (fuori concorso) sia realizzato dall’Istituto d’Arte di Noto,
Palazzo Nicolaci: dal tonno a simbolo della città
Facciamo ancora fatica a riprenderci dalla elegante bellezza artistica e ammaliante cromaticità dell’Infiorata, splendida cornice lungo l’ascesa di Via Nicolaci. Non solo di fiato corto si tratta, anche se il supporto fornito da un paio di bombole d’ossigeno non risulterebbe omaggio sgradito.
In attesa di recuperare un minimo le forze, lo sguardo viene di nuovo rapito dal sequel di balconi dalle curvilinee ringhiere e le sottostanti mensole di pietra scolpita.
Siamo di fronte al palazzo dalla facciata più bella di Noto e non di casualità vi è traccia se le figure dall’animo grottesco paiono osservare i passanti con atteggiamento di monito.
Siamo rimasti qui e se oggi, come allora, ammirate noi più degli altri significa rimaniamo ancora i più belli.
Parola più, parola meno il senso del messaggio trasmesso dalla famiglia Nicolaci urbi et orbi, ha colto nel segno allorquando fecero edificare un palazzo dalla sontuosa magnificenza.
In barba a tutti quelli non consideravano degna l’appartenenza fin da subito alla aristocrazia che conta, venendo meno le nobili origini.
L’ingente ricchezza posseduta era “solamente” il provento frutto del duro lavoro di pisciaru, prima venditore e, successivamente, commerciante di pesce. Meglio se tonno.
Oltre ad aver contribuito alla costruzione della tonnara di Portopalo di Capopassero e Marzamemi, oggi incontrastata meta del turismo mordi e fuggi, alcuni componenti della famiglia erano uomini di cultura dando origine ai primi centri di conversazione e principi dell’Accademia dei Trasformati.
Dal fico d’India alla galleria d’arte: pensieri in libertà
Dopo tanta magnificenza rivolta, però, su Via Ducezio (la via del popolo), imbocchiamo l’aristocratico Corso Cavour per far ritorno al parcheggio.
Rosanna è innamorata della propria città. La racconta con gli occhi tronfi di orgoglio, lo stesso di una madre raccontando i successi del figlio, sottolineando ripetutamente come il concetto filosofico del “non tutte le disgrazie vengano a nuocere” calzi a pennello, nonostante insistano ancora molte contraddizioni.
Il concetto sembrava fosse stato pensato appositamente per Noto, continuando il discorso intrapreso, ponendo provocatoriamente il dubbio circa la possibilità che la città, senza aver subito il drammatico sisma che tutti hanno notizia. avrebbe conosciuto lo splendore per cui è conosciuta in tutto il mondo
Inutile tergiversare su calcoli probabilistici senza certezza di controprova. Il dato certo è che proprio grazie alle vicissitudine patite da Netum, oggi splende come un diamante sapientemente tagliato facendo vivere alla Noto odierna l’età della maturità dove si è in grado decidere cosa fare da grandi.
Da “Capitale del Barocco” a “Capitale del turismo” attraverso un viaggio sensoriale – esplorativo che abbraccia dalla cultura alla gastronomia, la città ha raggiunto la piena maturità destando l’interesse di VIP che scelgono Noto come location perfetta per vacanze e matrimoni da favola oltre ai numerosi investitori.
Netum, e con lei i netini, stanno vivendo una primavera artistica prima di giungere alla consacrazione finale dove gli interpreti delle varie arti hanno trovato in Noto la città ideale per portare avanti la loro concept-idea. trovando ispirazione negli sfondi da cartolina.
Esclusi i classici cannolo, carretto e testa di moro, tra i simboli identitari della Sicilia uno, meglio di altri, incarna il vero spirito siciliano: resistenza e adattabilità, senza mettere in disparte la circospezione: l’Opuntia Ficus, nome scientifico del Fico d’India.
Egual nome è stato scelto per l’apertura dell’atelier – galleria d’arte, in Corso Cavour, ove ogni opera realizzata interamente a mano richiama parti della pianta o la stessa nella sua integrità.
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Certo non siamo la Lonely Planet ma le informazioni trovate ti sono tornate utili.
Nemmeno pensiamo di essere il Piero Angela dei viaggi; comunque hai trovato interessante l’articolo
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