Cava Gonfalone, luogo suggestivo e “memoriale” dell’attività industriale che ha ridato vita alla città di Ragusa post sisma sul finire del ‘600.
Un percorso nelle viscere cittadine, una discesa negli inferi dove i segni del lavoro dei “pirriaturi” affiorano dalle pareti tra il buio più del nero e il bagliore accecante in un caleidoscopico gioco di luci ed ombre.
Tra la leggenda che vorrebbe qui, negli anfratti, Polifemo trovasse ed elesse la propria dimora ed un ciak sul set del Commissario Montalbano.
Continua nella lettura dell’articolo per scoprire tutta la storia di Cava Gonfalone, luogo imperdibile nel viaggio della memoria storica di Ragusa.
La Ragusa inedita
State organizzando un viaggio itinerante in Sicilia e siete indecisi sull’itinerario da programmare e i luoghi da non perdere?
Se sei arrivato fin qui forse hai già letto il post Sicilia Orientale on the road – cosa vedere in 14 giorni; o più probabilmente sei alla ricerca delle informazioni per non perderti quanto di meglio possa offrire la città di Ragusa, divisa tra la parte antica (Ibla) e quella “moderna”.
Non solo barocco a Ragusa; gocce di memoria da vivere attraverso un percorso sensoriale tra la “potenza” del bitume e la “povertà” della pietra di Cava Gonfalone, tra ricordi del duro lavoro dei picialori e pirriaturi.
Non importa con quale mezzo arriviate fino a Ragusa, (qui il post su come raggiungerla); non perdete l’occasione di essere testimoni di un glorioso, quanto alienante, passato nei luoghi della memoria, tra street art e archeologia industriale, narranti agli occhi del visitatore, la storia della città da prospettiva inedita.
Elena Romano
Guida di ARGS – Street Art specialist Vive il suo essere guida tutta d’un ciatu (fiato), guardando all’idea moderna trasmessa dalla sua Sicilia, lontana da quella dei luoghi comuni di molti turisti fatta di spiagge, dune e persone chiuse.
Siracusana di nascita, ragusana di adozione interpreta il ruolo di guida sospesa tra l’arte e l’architettura.
Non tutti i segni sui muri sono arte, dice a proposito della Street Art di cui è guida specializzata dell’itinerario dedicato a Ragusa.
Ama la sicilianità raccontata nelle immagini di Malena (per la contestualizzazione di un luogo – non luogo come durante le visite di Cava Gonfalone) e il testo di ‘A finestra di Carmen Consoli, suggestiva esplosione della bellezza culturale dell’isola.
Per migliorare l’offerta turistica siciliana auspica un apertura maggiore di siti chiusi per mancanza di personale perché “non si può far vedere sempre gli stessi posti”
Accompagnati da una guida turistica specializzata, i suoi racconti permetteranno di conoscere apprezzandone al meglio l’alto valore simbolico, memoria del vissuto dei cavatori (pirriaturi), il loro quotidiano lavoro e la storia per sempre scolpita nelle pareti di friabile roccia.
Cava Gonfalone riapre al pubblico
Percorrendo Ragusa in superficie a diverse ore della giornata, buttando lo sguardo oltre Via Risorgimento, l’occhio attento e conoscitore del luogo potrà notare la metamorfosi cromatica stagliarsi sulle pareti esterne di Cava Gonfalone.
Uno spazio, quello delle latomie di Cava Gonfalone, chiuso al pubblico da tempo immemore (se non in occasione di eventi sporadici) al centro di un progetto, nato e abortito ancor prima del concepimento, di riconversione in luogo a disposizione del pubblico.
Grazie alla concessione fornita da parte del Comune di Ragusa al CAI e alla Associazione Regionale Guide Sicilia (ARGS) che fornirà il servizio di visite guidate, dopo 40 anni di aperture off-limits è possibile tornare a visitare il luogo – non luogo di Cava Gonfalone.
Sarà Elena Romano, guida associata di ARGS, dopo aver svelato l’itinerario alla scoperta di Ragusa attraverso la street art, a guidarci nella visita di Cava Gonfalone.
Uno spazio senza tempo e dal forte impatto emotivo.
Eppur tutto diverso appare
“In questo luogo
dobbiamo riuscire a portare molte persone…
da ogni parte d’Italia e, se possibile,
anche da oltre i confini
perché Cava Gonfalone è un luogo
di forte impatto emotivo“
Eppure una volta giunti dinnanzi all’ingresso, di primo impatto, tutto farebbe pensare tranne possa (e debba) essere un luogo dal forte impatto emotivo oltre che simbolico.
Lunghi anni di totale abbandono in seguito alla dismissione dell’attività cavatoria, e la presenza di uno dei numerosi pozzi di estrazione petrolifera, hanno alterato in maniera vistosa lo spazio circostante rendendolo visivamente selvaggio, tanta la vegetazione spontanea che cresce rigogliosa in ogni dove.
E’ sufficiente però varcare il “portone” di ingresso per rendersi conto dell’altalena di sensazioni emozionali che accompagneranno da qui in poi il visitatore lungo tutto il percorso.
Addentrandosi tra le “pieghe” nascoste del lavoro dei pirriaturi alla scoperta della storia di Ragusa in un viaggio degno degli inferi nel girone infernale della Divin Commedia.
Evocazioni negli inferi
Una discesa nel buio, risucchiati nel vortice degli inferi di dantesca memoria, per poi riaffiorare nelle tenebre prima di poter rivedere la luce.
Una lettura di righe scolorite su vecchie pagine increspate e ingiallite dal tempo trascorso mentre la polvere lentamente si posava sulla copertina del libro chiuso nell’oblio.
“”Falegname col martello
Perché fai den den?…
La voce rimbomba ora, come il martello dei pirriaturi allora, negli anfratti di Cava Gonfalone creando l’immagine immaginaria di scia luminosa serpeggiante tra i piloni degli “abbandonati”, più veloce del bagliore di luce intravista di tanto in tanto.
Come il riecheggiare rumoroso dell’andirivieni di carri carichi di pietra estratta da mandare fuori a poter ricostruire la città devastata dalla tremolante terra o i bang di cannone durante la guerra.
Cava Gonfalone sospesa tra il giorno e la notte
Dobbiamo risalire al periodo bellico per trovare l’ultima “forma” di vita insediatasi nella latomia di Cava Gonfalone trasformandola, dopo Polifemo, nella propria dimora temporanea.
Fu una manna dal cielo, mentre la parte benestante si ritirò nelle seconde case ai margini della campagna ragusana, poter trovare riparo nella latomia di Cava Gonfalone per chi, di quella fortuna, non poté beneficiare.
“C′è una casetta piccola così
Con tante finestrelle colorate
E una donnina piccola così
Con due occhi grandi per guardare
E c’è un omino piccolo così…“
Volente o nolente, parte di questi la occupò per lungo periodo adattandola alle primarie esigenze umane, facendone di necessità virtù costruendovi al suo interno perfino un forno per la cottura del pane.
In un ambiente che Madre Natura ha concesso in prestito ad una fase di forzata ecumenizzazione data dalla stabilità termica riscontrata nelle “stanze”, rarefatto e più artificiale di quanto sia possibile immaginare.
Luogo – non luogo, città – non città, dall’abbagliante oscurità e dal perdurare del rumoroso silenzio in continuo contrasto linguistico nella ricerca della migliore descrizione di attivazione sensoriale da vivere lungo il 30% circa del percorso visitabile.
Ricordati…Dio ci vede
Era quanto di più vero si potesse trovare dentro Cava Gonfalone, fino ai primi anni del ‘900, il duro lavoro dei pirriaturi intenti a dipingere “pennellate” di geometria lineare a colpi di piccone e traiettorie percettibili sulle pareti calcaree in eredità dalle seghe a nastro sul finire dell’attività.
In perenne conflitto tra il bene ed il male, tra l’ossequioso “dovuto” inchinarsi rispettoso verso la Chiesa e i suoi totem, la fedeltà alla propaganda di regime e la viva metafora di chi il male, quello fisico, poteva provarlo direttamente sulla propria pelle.
Quando l’attenzione alla salute dei lavoratori era ancora lontana anni luce (quella luce quasi improbabile da scorgere tra i cunicoli aperti) ma al top circa il linguaggio usato in ambienti non certo da novizie pronte a mettersi al servizio di Dio.
“Dio ci vede”.… Dio ti vede, ammonisce ironicamente Angelo (guida CAI e custode di parte della memoria storica di Cava Gonfalone) all’indirizzo dei presenti ricordando il periodo nel quale l’avvicinarsi a Dio era “obbligatorio” per legge in seguito agli accordi dei Patti Lateranensi.
“…Il sole nasceva
ma io non lo vedevo mai
laggiù era buio
Nessuno parlava
solo il rumore di una pala
che scava che scava
Le mani la fronte
hanno il sudore di chi muore
Negli occhi nel cuore
c’è un vuoto grande più del mare
Ritorna alla mente
il viso caro di chi spera
Questa sera come tante
in un ritorno.”
Mentre scorre il racconto di Elena, riecheggia rimbombando nella testa il monito di Angelo scolpito nella roccia tra scalfitture dei picconi e incisioni di seghe a nastro negli anfratti di Cava Gonfalone materializzandosi l’immagine dei pirriaturi a lavoro.
Lo sguardo rivolto al cielo, cercando oltre il buio del tetto “qualcuno” a cui lanciare le proprie imprecazioni per essere finito quaggiù, a lanciare come un naufrago alla deriva “a message on the bottle” nella speranza, a fine giornata, di rivedere la luce del sorriso dei suoi cari.
Una continua sottile linea d’ombra tra opposti che si attraggono, tra divergenze parallele da ritrovare e scoprire in un luogo dal forte impatto emotivo: Cava Gonfalone, la Ragusa sotto sopra.
Informazioni utili
Le visite sono momentaneamente sospese per lavori all’interno del sito; continuate a seguirci per gli eventuali aggiornamenti riguardo la riapertura o, in alternativa, prima di effettuare la visita consigliabile una telefonata ai recapiti sopra indicati
Condividi il post
Certo non siamo la Lonely Planet ma le informazioni trovate ti sono tornate utili.
Nemmeno pensiamo di essere il Piero Angela dei viaggi; comunque hai trovato interessante l’articolo
Per il customer-care anche se non facciamo help-desk da un call center le segnalazioni sono gradite e ben accette.
Non faremo di te un nuovo Cappuccetto Rosso, puoi tranquillamente lasciare traccia del tuo passaggio.
Metti da parte la timidezza e non aspettare siano gli altri a fare la prima mossa.
Scrivere un commento o condividere con altri l’articolo è gratis. Noi, in compenso, ti ringrazieremo felici.