Altamura: una città per panificare
Museo del Pane di Vito Forte
“…Lavoro tutto il giorno
e tutto il giorno penso a te
e quando il pane sforno
lo tengo caldo per te…”
(Bella – Jovanotti)
Altamura: una città per panificare
Si scrive Altamura, si legge pane; tanto che, se Ron avesse voluto dedicarle una canzone (quasi) sicuramente la avrebbe intitolata “Una città per panificare”.
L’orgoglio della città, al punto da amarlo in maniera smisurata ma appena meno dell’amore che si nutre per la propria madre.
Il Museo del Pane Vito Forte
Lo sa bene Vito Forte che sul pane, e con il pane, ha costruito un vero e proprio impero aziendale (Oropan) non dimenticandosi, tuttavia, delle origini e delle tradizioni. Cercando, riuscendoci, di porre le basi affinchè non vengano dimenticate e perse.
“…nasce così la vita mia
come comincia una poesia”
(Vent’anni – Massimo Ranieri)
Nasce così il Museo del Pane; nello stesso luogo dove tutto ebbe inizio negli anni ’50.
Dove oggi, aprendo come fosse uno scrigno custode di un gran tesoro, è possibile riscoprire il valore inestimabile che lega la Leonessa di Puglia all’antica tradizione della panificazione rendendola celebre in tutto il mondo.
Altamura attraverso il pane e i cinque sensi
Il pane è Altamura; gli abitanti vengono ancora oggi svegliati dal profumo che si sprigiona per le vie non appena viene sfornato, racconta Stefania responsabile del Museo, conducendoci in un viaggio nel passato ma che continua nel presente.
Quel profumo, quell’aroma, scrutando attraverso la bocca sembra ancora percepirlo diffondersi nell’antico forno seppur spento, nell’ardere del fuoco magistralmente ricostruito in videomapping per una cottura virtuale.
O nel riecheggiare dello “strillo” del fornaio per annunciare “gaudium magnum” l’avvenuta cottura del pane alle prime luci dell’alba quando Altamura è ancora dormiente.
Il viaggio nel tempo, e nella storia del pane di Altamura, prosegue lasciando spazio alla fervida immaginazione; facendo fare capolino sull’uscio a un anziano signore vestito a festa di ritorno sulla strada di casa dopo aver presenziato alla celebrazione della santa messa nella vicina cattedrale.
Il forno come funzione sociale
“U’ furn d’ la chjisa ranne” (il forno della chiesa grande) non serviva, però, esclusivamente da luogo di panificazione.
Gli antichi forni erano, come le chiese accanto cui sorgevano, luoghi legati alla comunità dove far nascere e sviluppare le relazioni sociali, dove poter scambiare due chiacchiere con il fornaio in attesa della sfornata del pane quotidiano.
Come, luogo di aggregazione, non da meno lo erano i claustri (gnostre in dialetto locale), antesignani dei moderni ghetti dove confluirono, convivendo, etnie diverse grazie ai benefici fiscali concessi da Federico II.
Ed è proprio attorno ai claustri che si può affermare nasca la tradizione del pane di Altamura, allorquando le casalinghe del tempo si riunivano, in una sorta di rito collettivo, nella preparazione dell’impasto affondando le mani dentro la madia per amalgamare ingredienti unici.
Il pane di Altamura come prodotto DOP
Da lievito madre, acqua, sale marino e semola di grano duro rimacinata lavorata nei molini artigianali (nel 1600 se ne contavano 26), il tutto concentrato nella Leonessa di Puglia e zone limitrofe, prende man mano forma il “mito” del pane di Altamura.
Si trattasse di “u sckuanète” (pane accavvallato) o del “u cuappidde de prèvete” (pane a cappello di prete), le forme più comuni, necessitava obbligatoriamente la cottura nei forni pubblici, considerato il divieto di cuocerlo nelle case private.
Pena il pagamento di una ammenda salata.
Nel 2003 al Pane di Altamura viene riconosciuto il marchio di prodotto a Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.) e regolmentato da specifico disciplinare.
Il pane di Altamura: ritualità ancora viva
Partecipare, come testimoni oculari alla sacra ritualità della tradizione del pane di Altamura in quella sorta di romanticismo insito nelle gesta epiche della grande conquista non ci è più consentito.
Non potremmo più vedere sfrecciare i garzoni di bottega, tavoliere in spalla su cui adagiare gli impasti raccolti casa per casa, a cavallo della bici; non assisteremo più alla timbratura della pagnotta per poterla consegnare al legittimo proprietario.
Gesti rituali tramandati nel tempo, da tempo andati scomparendo, adattandosi con l’evolversi del trascorrere del tempo o che sopravvivono per il loro valore simbolico.
Incidere a croce la pagnotta, oltre a servire da “aiuto” all’apertura nella lievitazione, ha da sempre assunto il connotato della benedizione.
Offrirlo in devozione ai santi nella classica forma “a ciambella” per poterlo abbellire lo rende un portafortuna.
Una antica tradizione con lo sguardo rivolto al futuro non dimenticanosi del passato; grazie a Vito Forte ed al suo Museo del Pane, riusciamo ancora ad essere testimoni del tempo (ri)vivendola in un percorso sensoriale.
Il Museo del Pane: info utili
orario di apertura
Dal Venerdì alla Domenica dalle 10:00 alle 13:00
Dal Martedì al Giovedì e pomeriggi solo su prenotazione
Chiuso Lunedì
contatti
Tel. 080 – 91 40 118
Cell. 342 – 55 62 711
mail: info@museodelpaneforte.it
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